Richieste per il futuro


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Traduzione italiana


Lo Sciopero per il futuro dovrebbe includere richieste concrete per il 15 maggio 2020 e oltre? Assolutamente sì. Ma per quali motivi? Che tipo di richieste? Come? E soprattutto, cosa dobbiamo chiedere esattamente?

Il movimento Sciopero per il Clima ha ormai più di un anno di vita. Lanciato nel segno dell’emozione e della spontaneità, nel corso dei mesi ha maturato e affinato le sue rivendicazioni. Consideriamo lo sviluppo di queste rivendicazioni e perché è necessario rafforzarle. La prima rivendicazione riguarda il riconoscimento dell'”emergenza climatica” da parte delle istituzioni statali. La seconda rivendicazione stabilisce l’obiettivo della neutralità di emissioni di gas serra (“zero netto”) entro 2030 in Svizzera, senza l’uso di tecnologie di compensazione, con una riduzione delle emissioni cominciando nel 2020. La terza rivendicazione riguarda il principio della “giustizia climatica”. La definizione adottata al congresso significa sostanzialmente che rifiutiamo misure antisociali. Queste rivendicazioni sono accompagnate da un addendum: se non possono essere realizzate all’interno del “sistema” esistente, il sistema deve essere cambiato. A un anno dalla fondazione del movimento, queste rivendicazioni rimangono visibilmente imprecise. La prima (emergenza climatica) non introduce nessun elemento concreto. Il secondo (zero netto) non propone nessuna strada per ridurre le emissioni. La terza (giustizia climatica) manca di chiarezza e, nonostante una definizione consensuale adottatata a livello nazionale, c’è ancora un vivo dibattito sulle implicazioni effettive. Infine, l’addendum su “system change” non dice assolutamente nulla sulla natura del cosiddetto “sistema”.

Inizialmente, queste inesattezze nascevano dalla volontà del movimento di evitare posizioni controverse, soprattutto perché non abbiamo avuto le risorse per proporre “soluzioni” concrete all’emergenza climatica. In pratica, i gruppi regionali hanno spesso deciso di imboccare un’altra strada: nel Cantone di Neuchâtel sono state lanciate e accettate mozioni popolari a livello cantonale e comunale [1]; nel Cantone di Vaud è stato elaborato in modo partecipativo un Piano climatico lungo decine di pagine [2], ecc.

Il bisogno di sviluppare proposte di azione più precise cresce con la maturità politica del movimento. La definizione di rivendicazioni e misure concrete è un aspetto centrale dello Sciopero per il futuro, previsto per il 15 maggio. La sfida è di rendere possibili scioperi leciti, che riceveranno il sostegno dei sindacati, mentre promuoviamo l’auto-organizzazione della popolazione attiva, che dovrà formulare rivendicazioni che riguardano direttamente i salariati stessi, secondo il settore o l’azienda. Questo articolo esamina la rilevanza di rivendicazioni concrete, facendo una distinzione tra rivendicazioni generali da una parte, e quelle trasversali, settoriali e aziendali dall’altra, e proponendo alcuni spunti per il contenuto.

Uno degli obiettivi dello Sciopero per il futuro è quello di estendere lo sciopero ai luoghi di lavoro o, almeno, di coinvolgere i dipendenti nel movimento per il clima, con il sostegno dei sindacati. Ma di che genere di rivendicazioni si tratta? Diversi tipi di rivendicazioni sono possibili. Prima di tutto, confrontiamo rivendicazioni lecite e ideali: per non mettere in pericolo i salariati, gli scioperi devono essere basati su richieste legate alle condizioni di lavoro. Dobbiamo formulare richieste concrete e precise che cercheremo comunque di collegare alle questioni climatiche e ambientali. Questa è una priorità assoluta per noi e per i sindacati per il 15 maggio. Per esempio, i salariati potrebbero chiedere la fine dell’uso di un prodotto tossico nel settore paesaggistico, ferie pagate nel caso di temperature eccessive nei cantieri, ecc. Oltre alle richieste legate alle condizioni di lavoro, essenziali per legittimare lo sciopero, i lavoratori potrebbero formulare richieste più ampie e trasversali: controllo democratico della produzione e dei servizi, nazionalizzazione delle istituzioni finanziarie, stato di emergenza climatica che impone allo Stato di rivedere il proprio bilancio, ecc. Questi temi sembrano meno immediati, ma sono fondamentali per creare le basi per un futuro desiderabile per la maggior parte della popolazione.

È possibile stabilire diverse categorie di rivendicazioni secondo il livello d’azione. Possono riguardare un’azienda o uno stabilimento (mense vegane, maschere contro i prodotti tossici, aumento del riciclaggio, ecc.); oppure un settore di attività (norme applicate a un intero settore, finanziamento da parte dei datori di lavoro di corsi di formazione continua per permettere alle persone di riorientarsi, ecc.); oppure possono implicare tutta la società (stop alle importazioni di prodotti vietati alla vendita in Svizzera, riduzioni delle ore lavorative, imposte sul profitto delle grandi imprese per finanziare misure ecologiche ecc.)

Nel movimento che va verso lo sciopero per il futuro, dobbiamo quindi stabilire rivendicazioni specifiche a ogni settore o azienda, al fine di rendere lecita l’azione di sciopero. Ma dobbiamo anche creare prospettive di azione politica per rispondere all’emergenza climatica (che è anche un’emergenza sociale!). Altrimenti i lavoratori rischiano di pagarne il prezzo, sia per i problemi ambientali, sia per le misure adottate dai governi per gestire una situazione che non sono in grado di risolvere. In effetto, dopo un anno di mobilitazioni pro-clima, l’immobilità delle istituzioni politiche è spaventosa. È da temere che “l’onda verde” non cambierà molto questa apatia prevalente. Possiamo quindi sperare di evitare lo “scenario peggiore”, in cui le emissioni continuano a crescere in modo drammatico, generando un disastro globale difficile da immaginare, e giustificando lo sviluppo di poteri autoritari per gestire la situazione? In ogni caso, è fondamentale coinvolgere la popolazione in queste riflessioni, affinché assumano la responsabilità di agire sul piano politico partendo dalle loro esperienze personali, soprattutto al lavoro, perché la transizione si svolga negli interessi della maggioranza, invece di quelli dei leader politici, delle grandi imprese e del settore finanziario.

Come dobbiamo elaborare queste molteplici rivendicazioni? Per il momento, lo Sciopero del Clima definisce le sue rivendicazioni ai congressi nazionali. Ciò non impedisce ai gruppi regionali di definire ulteriori rivendicazioni per il livello locale. Il nostro movimento ha anche deciso che le rivendicazioni concrete per il 15 maggio devono essere definite a livello regionale, in prima linea dai salariati interessati. Ciò non impedisce che un gruppo di lavoro con l’accordo legittimante di una plenaria del Quinto Congresso nazionale possa sviluppare un manifesto nazionale. La strategia attuale, che sembra consone al federalismo svizzero e alle particolarità regionali sindacali, sociali, ecc., riflette quindi piuttosto una concezione decentralizzata e autonoma delle rivendicazioni lecite – ma di fatto anche rivendicazioni più generali, che originano da gruppi locali dello Sciopero per il clima, sindacati, e collettivi dello Sciopero femminista.

Tale decentramento può aumentare il rischio di tensioni a livello nazionale, in quanto alcune rivendicazioni potrebbero non essere compatibili tra di loro. Può anche offuscare il messaggio di un movimento eterogeneo ma unito. Tuttavia, l’aspetto decentralizzato presenta molti vantaggi. I collettivi locali agiscono in un contesto molto familiare ai membri attivi. Le rivendicazioni e le azioni si svolgono secondo le possibilità locali, a seconda del grado di combattività dei sindacati e del grado di sindacalizzazione. È essenziale evitare il più possibile la repressione da parte dei datori di lavoro e consentire ai dipendenti di agire secondo le proprie motivazioni, il proprio livello di consapevolezza e le proprie preoccupazioni immediate. Questo permette di coinvolgere chi conosce meglio di chiunque altro l’ambiente di lavoro, le condizioni di produzione e tutto ciò che implica sul piano sociale, sanitario o ecologico. In breve, lo consideriamo un percorso ragionevole verso una progressiva appropriazione della lotta ambientale da parte della popolazione, il che è indispensabile se vogliamo realizzare un giorno il nostro motto di giustizia climatica e avanzare  verso una transizione ecologica reale, democratica e socialmente giusta. Per tutte queste ragioni, ha senso conservare una forte autonomia locale, sia nel nostro movimento sia nello Sciopero per il futuro. Ma questo non deve bloccare in alcun modo lo sviluppo di rivendicazioni che potrebbero ricevere posteriormente il sostegno del movimento nazionale Sciopero per il clima, oppure persino di un fronte ecologico più ampio.

Passiamo ad alcuni esempi di rivendicazioni per alimentare i nostri dibattiti futuri. Un’idea interessante sta circolando in alcuni ambienti ambientalisti, femministi e sindacali: la riduzione dell’orario lavorativo, senza perdita di retribuzione. Infatti, la riduzione del nostro impatto ambientale implica, a lungo termine, una riduzione nella produzione totale di beni, eliminando la produzione di certe merci considerate inutili. Producendo meno, sarebbe possibile ridurre il carico di lavoro e in alcuni casi anche il turismo d’affari. Questo sarebbe ovviamente un guadagno per i salariati in termini di qualità di vita, in quanto più tempo sarebbe disponibile per altre attività: riposo, tempo libero, autoproduzione (giardinaggio, cucina, ecc.). Sarebbe anche vantaggioso per la salute, riducendo il rischio di malattie e infortuni sul lavoro.  Infine, un aumento del tempo libero permette un maggiore coinvolgimento nella vita associativa e politica, facilitando così un approfondimento della democrazia, passo assolutamente fondamentale per il clima e la giustizia sociale.

Un’altra proposta promettente è di rendere il trasporto pubblico gratuito per ridurre drasticamente la motorizzazione individuale e, di conseguenza, le emissioni prodotte, anziché la cementificazione attraverso lo stop all’ampliamento delle strade, ecc. Tutto questo sarebbe possibile senza dover rendere la libertà di movimento un privilegio.

Quim Puig. Attivista ecosocialista.

Robin Augsburger. Civile, laurea triennale in biologia ed etnologia.

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